Per Lira, in Calabria s’intende un cordofono ad arco spesso piriforme e appartenente alla più ampia famiglia della “Lira Bizantina”, il cui corpo principale è ricavato da un unico blocco di legno: a tal uso sono preferiti alberi da frutta, olivo o il più raro Sambuco.

Generalmente il piano armonico è realizzato in abete, sul quale sono intagliati due fori di risonanza aventi, forma di mezza luna, D o circolare. Monta bischeri a inserimento posteriore.

Lo strumento, essendo privo di capotasto è caratterizzato dalla presenza di tre corde con differente diapason: la prima e la terza hanno la medesima lunghezza al contrario della centrale che è più lunga.

Nonostante il diffuso utilizzo del nylon, le corde usate sono realizzate in budello animale, in Calabria l’intonazione è per quinte rispetto alla tonica (es: sol, re, la) e vengono sfregate in coppia, si tastano lateralmente con le unghie suonando così per armonici.

Il ponticello è mobile cosi come l’anima che viene realizzata in canna (Arundo Donax) e posta a incastro sotto la parte destra del primo. Lo strumento è suonato in posizione seduta, retto tra le gambe o poggiato su un ginocchio.

Un tempo, l’arco non tendibile, veniva realizzato da un ramo d’albero o da un pollone d’olivo e può avere varie dimensioni e arcuature. Nonostante sia fortemente in uso il nylon normalmente monta crine di cavallo, un tempo spesso sostituito dalle fibre di aloe: meno resistenti allo sfregamento, poco durature ma di facile ed economica reperibilità.

Per quanto attiene la storia dello strumento in Calabria, a oggi non vi sono certezze né sull’epoca di arrivo né sulle vie seguite dallo stesso per giungervi; sicuramente è stato presente nell’uso e nella memoria collettiva fino all’inizio del secolo scorso per poi cadere lentamente nell’oblio, complici l’emigrazione di massa e lo sfaldamento dell’ambito sociale all’interno del quale insisteva, per giungere alla sua “riscoperta” negli ultimi decenni del secolo scorso.

Oggi la Lira è presente in due macro-aree, esse s’identificano con il Monte Poro sulla fascia Tirrenica e con la Locride (Gioiosa Jonica, Siderno, Locri, Gerace) sulla fascia Jonica, ma è in quest’ultima che la memoria dello strumento e la sua pratica sono maggiormente sopravvissute.

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